giovedì 4 aprile 2013

L’affascinante romanzo dei “dischi volanti” (parte seconda)

L'avvistamento di K.Arnold in una illustrazione dell'epoca.

Premessa: di seguito la seconda parte del servizio pubblicato su “La Domenica del Corriere” nel 1967.
Buona lettura!

663 offetti che nessuno ha spiegato

Su 11.074 segnalazioni registrate negli ultimi vent’anni dai centri ufficiali degli Stati Uniti, 663 si riferiscono a “oggetti non identificati”. In tutto il mondo saranno, però, almeno due o tremila. Vi sono sintomi che l’intera questione possa essere chiarita già nel corso del 1967.

Il 24 giugno 1947, dunque 20 anni fa, un certo Kenneth Arnold, pilota civile americano che stava volando sullo Stato di Washington alla ricerca di un apparecchio che si supponeva precipitato, si vide raggiungere, sorpassare e lasciare indietro da una formazione di nove dischi volanti. Erano simili a gigantesche boccole di bronzo, curiosamente smangiate da una parte: e con un diametro non inferiore ai 35 metri.
Kenneth Arnold si dimenticò all’istante della sua missione, scese a terra precipitosamente ed dette al mondo la notizia fulminante dell’esistenza dei “piatti volanti”.

Da allora, un calcolo stimato fa ascendere ad almeno 150.000 il numero degli avvistamenti, un buon terzo dei quali avvenuti da parte di più persone contemporaneamente. In pratica se si eccettuano vasche da bagno, culle per neonati e ferri da stiro, in cielo è stato visto di tutto, compresi bricchi da caffè, teiere, trottole e cappelli a cilindro. Un ventennale “Salone del Disco”, che ha finito per far perdere non solo all’umanità stupefatta, ma anche a chi si occupa più da vicino di queste cose, il senso delle proporzioni e probabilmente il significato più profondo di certi singolari fenomeni.
Attualmente i due grandi partiti che si sono formati quasi immediatamente all’ombra di questa che può essere chiamata “la questione”, si trovano in posizione di stallo. I sostenitori dei “dischi”, naturalmente divisi in scuole e sottoscuole dei più vari colori e sfumature, ritengono di aver accumulato abbastanza prove per “documentare” la reale esistenza di questi sfuggenti “oggetti”: ma è giusto dire che se anche si tratta di prove, in alcuni casi particolarmente suggestive e perfino impressionanti, manca tuttavia quella decisiva. I “clipeologhi” (così si chiamano dal termine latino “clipeus”, che poi significa scudo), sostengono però che le “vere prove” sono in mano, da anni, dei tecnici militari, soprattutto di quelli americani della USAF, la Air Force di Washington: ma rimane sempre da comprendere perché solo i militari, e soltanto loro, siano riusciti a catturare e metter sotto chiave le “prove vere”, che agli altri, per quanto accaniti, non è mai accaduto di mettere insieme.

Dal canto loro i tecnici, soprattutto quelli incaricati delle ricerche, hanno manifestato una sorprendente abilità nello stendere, a volta a volta, comunicati evasivi, veri capolavori di diplomazia, nei quali l’arte del “ni” giunge a fastigi impensati. Dicendo in sostanza che su 11.074 avvistamenti, quanti ne sono stati denunziati in vent’anni alla loro commissione, negli Stati Uniti, 10.411 trovano una spiegazione soddisfacente in fenomeni assolutamente normali, compresa l’allucinazione singola o collettiva, l’equivoco visuale con stelle e pianeti, i miraggi e le inversioni: e limitandosi a classificare come “non identificati” i residui 663 casi. Ma che significa “non identificati”? E che ipotesi sono state fatte su un così forte numero di avvistamenti, molti dei quali basati anche (lo si sa per certo) su immagini fotografiche, sia pure poco nitide? La mancata identificazione, si dice, non è conseguenza dei “dati insufficienti” perché sotto questa voce troviamo classificati, negli ultimi 12 anni, ben 1.248 avvistamenti: e dunque si tratta di casi nei quali i dati furono sufficienti, ma non spiegati. A questi, che son soltanto casi americani, occorre aggiungere la massa di quelli verificatasi nel resto del mondo, in ben maggior numero: non pare inverosimile che in questi ultimi vent’anni vi siano stati tre e quattromila avvistamenti non spiegabili a termini delle nostre normali conoscenze: troppi per non costituire un mistero che richiede una spiegazione.

Il numero di questi casi importerebbe ancora poco, se non fosse per la “qualità” di alcuni di essi: vedremo nelle prossime puntate di questo servizio quale immenso corteo di trucchi, scherzi, addirittura truffe, si sia messo nella scia dei “dischi volanti”. E quanta gente, in questi cinque lustri, abbia cercato un’effimera notorietà, o addirittura una facile fonte di denaro, collocandosi al centro dell’opinione pubblica più credula. Ma esistono una dozzina di testimonianze, meglio di fatti, che sembrano costruiti apposta per sbrigliare le fantasie più pigre.

Il primo, nonostante siano passati diciannove anni, rimane uno degli indovinelli più sorprendenti della nostra epoca. Il 7 gennaio 1948, uno smisurato disco (si parlò di 80 metri di diametro) venne avvistato sulla verticale di Fort Knox, negli Stati Uniti: fu visto da centinaia di persone, e tra le altre dal comando del locale aeroporto militare. Un colonnello di questo dette subito ordine di mettersi in caccia della “cosa” ad una pattuglia di “F51”, comandata dal capitano Thomas Mantell, già in aria. Gli “F51” si avvicinarono e Mantell cominciò a trasmettere brevi frasi smozzicate: “La cosa sembra di metallo ed è gigantesca… Adesso comincia a salire… Va alla mia stessa velocità…”. Ad un certo punto Mantell ordinò ai due gregari di tenersi indietro e proseguì da solo, sempre trasmettendo: si udirono altre frasi, come di terrore, poi più nulla. L’apparecchio era esploso, e se ne trovarono i frammenti su una vastissima area.
Il capitano Mantell.
Questi fatti sono molto curiosi, e tantopiù lo diventano in quanto un rapporto ufficiale sulla fine di Mantell non risulta sia mai stato pubblicato dalla Air Force americana. Non si è nemmeno in grado di stabilire se le frasi del capitano furono realmente dette o no. Ma il silenzio delle fonti ufficiali, del resto incomprensibile, è stato sempre interpretato più come una conferma che come una smentita.

Saltiamo al 1949, esattamente al 20 di agosto. Clyde Tombaugh, notissimo astronomo e passato alla storia come scopritore di Plutone, sta prendendo il fresco davanti alla sua casa di Las Cruces, nel Nuovo Messico. All’improvviso, molto alti nel cielo, vede passare otto rettangoli di luce azzurrina, uno in coda all’altro: forzando la vista, riesce ad intravedere una specie di enorme fuso, del quale le luci sembrano quasi i finestrini: “Restai così stupefatto – racconterà poi – che la mia coscienza ne fu profondamente turbata”. Quella sera nacque quello che i francesi poi battezzarono “le grande cigare”, “il grande sigaro”, vuoi orizzontale, vuoi verticale.

Ancora un salto fino al luglio 1952. Questa volta è una catena radar attorno a Washington che “batte” una nutrita formazione di dischi: si alzano aerei da caccia, di fronte ai quali i dischi fuggono. Gente a terra li vede, giganteschi nella luce dell’alba. Fu veramente la “notte dei dischi”, con un considerevole panico nella popolazione, e nessuna smentita ufficiale. I radar che avevano effettuato la scoperta erano almeno sette, e nessuno risultò guasto o difettato.
L'avvistamento su Washington del 1952.
Ma forse il caso più sconcertante, anche per le sue implicazioni politiche è quello verificatosi nel luglio 1965, quando un distaccamento scientifico argentino, dislocato nell’Antartide, vide e fotografò uno straordinario oggetto volante di colore rapidamente mutevole, che volava ad una decina di chilometri dalla loro base. Ci fu un comunicato ufficiale del ministero della Marina argentina, che ebbe il potere di rinfocolare le vecchie polemiche nate attorno a nove fotografie scattate nel 1957, al largo di Trinidad, da un fotografo imbarcato su un’antiquata corazzata brasiliana impegnata in lavori scientifici per conto dell’Anno geofisico internazionale. Si trattava, più o meno dello stesso oggetto: e sulla autenticità delle foto, subito contestate dal governo brasiliano, si ebbe poi un comunicato “colpo di scena” che le definiva autentiche. Rimane molto misterioso tutto il lato politico della questione ed anche la fine delle foto famose.

Vi sono anche altri fatti, di altro tipo. Tra il 1950 e il 1955 la serie degli avvistamenti in Europa, diligentemente schedata dagli appassionati, mise in rilievo un fatto senza dubbio straordinario. Non esistevano “ondate” che percuotessero l’opinione pubblica nello stesso istante: ma, al contrario, i “dischi” seguivano una specie di escalation geografica. Ve ne furono in grandissimo numero in Francia nel 1950, poi nel 1951 si spostarono in Germania. Nel 1952 vennero visti in Italia e quindi successivamente in Grecia e Turchia, secondo una specie di rotta generale che andava da ovest a est e da nord a sud.
 
Cos’è la ortotenia

Non solo, ma un certo numero di apparizioni permise di fondare addirittura una nuovissima scienza, la “ortotenia”. Alcuni scienziati francesi, tra i quali Aimé Michel, notarono che quando andavano a fissare sulla carta geografica i punti successivi nei quali erano stati visti quasi contemporaneamente “dischi volanti”, si ottenevano generalmente linee curve, con un raggio costante. Quando invece si trattava di rette, esse si incrociavano in alcuni punti, sempre gli stessi, che vennero subito battezzati “fuochi ortotenici”.
Carte giornaliere delle rotte sulla Francia vennero subito stese: e l’insieme di esse permise di stabilire che, se di suggestione collettiva si trattava, essa obbediva a ben strane leggi.

In Italia ci furono episodi sorprendenti, legati a questo genere di considerazioni. Nel 1954 apparve un oggetto luminoso, che seguì una rotta circolare da Brindisi sino a Vienna: fu visto forse da migliaia di persone, che ovviamente non avevano potuto mettersi d’accordo prima. Fu facile, dalle ore di avvistamento, dedurre che esso seguiva la sua rotta con velocità costante attorno ai 2.500 chilometri l’ora: messa sulla carta la sua traiettoria si rivelò un cerchio perfetto, con il centro nel nord della Jugoslavia.
Due anni dopo lo stesso corpo, o uno simile, ricomparve un una rotta inversa, e spostata rispetto alla prima di 200 chilometri. Ma sempre circolare e sempre con lo stesso cento.

Abbiamo elencato alcune considerazioni, ed alcuni fatti, tra i più salienti dei questi ultimi vent’anni. Non sono i soli, ma certo i più importanti. Per contro ve n’è una sterminata legione completamente destituita di fondamento buona, al più, ad intorbidare le acque già passabilmente misteriose e sconcertanti: tra gli elementi di questa seconda categoria stanno in prima linea, senza alcun dubbio, le fotografie “truccate” che con regolarità la stampa di tutto il mondo pubblica a riguardo, Ed appartengono alla stessa categoria di falsi i numerosissimi racconti di “marziani” scoperti, visti e persino catturati qua e là, generalmente in zone desertiche e sprovviste di testimoni. Non passa giorno senza che spunti, nel Messico come in Italia, in Australia come nella civile ed avanzata Inghilterra, qualcuno che narra di esser stato rapito da un “disco”, e portato a spasso magari fino a Venere: e di aver intrattenuto filosofici colloqui con i suoi abitatori, sempre saggissimi e potentissimi, preoccupati del nostro bene e del nostro avvenire. Attorno a queste “partenze per il fantastico”, si sono create addirittura filosofie e sette a sfondo religioso. La psicologia è stata costretta a occuparsi dell’argomento, che costituisce ormai una branca classica della paranoia a vari livelli. Preceduta naturalmente dalla letteratura, che ha trovato nei “dischi” una dimensione ed una possibilità nuove.

Così, i “piatti” avvistati da Kenneth Arnold vent’anni fa sono divenuti ormai parte integrante della nostra vita, senza che alcuno possa dire nulla di attendibile sulla loro realtà. E’ probabile, però, che il mondo sia alla vigilia di qualcosa di decisivo in materia, poiché proprio in questo ultimissimo periodo, a parte una recrudescenza del fenomeno, gli organi ufficiali americani hanno deciso di sbloccare tutte le informazioni in loro possesso per affidarle, con un cospicuo stanziamento governativo, ad istituti universitari di ricerca: la misura si presta a varie interpretazioni. Ma, come vedremo prossimamente tracciando la storia della posizione ufficiale della scienza e del governo americani in materia, vi sono sintomi che permetterebbero di dedurre che la decisione sia legata più ad una risposta positiva, sull’esistenza dei “dischi” che a quella opposta. Può darsi perciò che il 1967 ci induca a rivedere, in forme che ancora non conosciamo, la nostra posizione fondamentalmente scettica. 

Articolo di F. Bandini, G. Masini e B. Pieggi pubblicato su “La Domenica del Corriere” anno 69 n. 10 del 5 marzo 1967

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...