L'avvistamento di K.Arnold in una illustrazione dell'epoca. |
Premessa: di seguito la seconda parte del
servizio pubblicato su “La
Domenica del Corriere” nel 1967.
Buona lettura!
663 offetti che nessuno ha spiegato
Su 11.074 segnalazioni registrate negli ultimi vent’anni dai centri
ufficiali degli Stati Uniti, 663 si riferiscono a “oggetti non identificati”.
In tutto il mondo saranno, però, almeno due o tremila. Vi sono sintomi che
l’intera questione possa essere chiarita già nel corso del 1967.
Il 24 giugno 1947, dunque 20 anni
fa, un certo Kenneth Arnold, pilota civile americano che stava volando sullo
Stato di Washington alla ricerca di un apparecchio che si supponeva
precipitato, si vide raggiungere, sorpassare e lasciare indietro da una
formazione di nove dischi volanti. Erano simili a gigantesche boccole di
bronzo, curiosamente smangiate da una parte: e con un diametro non inferiore ai
35 metri .
Kenneth Arnold si dimenticò
all’istante della sua missione, scese a terra precipitosamente ed dette al
mondo la notizia fulminante dell’esistenza dei “piatti volanti”.
Da allora, un calcolo stimato fa
ascendere ad almeno 150.000 il numero degli avvistamenti, un buon terzo dei
quali avvenuti da parte di più persone contemporaneamente. In pratica se si
eccettuano vasche da bagno, culle per neonati e ferri da stiro, in cielo è
stato visto di tutto, compresi bricchi da caffè, teiere, trottole e cappelli a
cilindro. Un ventennale “Salone del Disco”, che ha finito per far perdere non
solo all’umanità stupefatta, ma anche a chi si occupa più da vicino di queste
cose, il senso delle proporzioni e probabilmente il significato più profondo di
certi singolari fenomeni.
Attualmente i due grandi partiti
che si sono formati quasi immediatamente all’ombra di questa che può essere
chiamata “la questione”, si trovano in posizione di stallo. I sostenitori dei
“dischi”, naturalmente divisi in scuole e sottoscuole dei più vari colori e
sfumature, ritengono di aver accumulato abbastanza prove per “documentare” la
reale esistenza di questi sfuggenti “oggetti”: ma è giusto dire che se anche si
tratta di prove, in alcuni casi particolarmente suggestive e perfino
impressionanti, manca tuttavia quella decisiva. I “clipeologhi” (così si
chiamano dal termine latino “clipeus”, che poi significa scudo), sostengono
però che le “vere prove” sono in mano, da anni, dei tecnici militari,
soprattutto di quelli americani della USAF, la
Air Force di Washington: ma rimane sempre
da comprendere perché solo i militari, e soltanto loro, siano riusciti a
catturare e metter sotto chiave le “prove vere”, che agli altri, per quanto
accaniti, non è mai accaduto di mettere insieme.
Dal canto loro i tecnici,
soprattutto quelli incaricati delle ricerche, hanno manifestato una
sorprendente abilità nello stendere, a volta a volta, comunicati evasivi, veri
capolavori di diplomazia, nei quali l’arte del “ni” giunge a fastigi impensati.
Dicendo in sostanza che su 11.074 avvistamenti, quanti ne sono stati denunziati
in vent’anni alla loro commissione, negli Stati Uniti, 10.411 trovano una
spiegazione soddisfacente in fenomeni assolutamente normali, compresa
l’allucinazione singola o collettiva, l’equivoco visuale con stelle e pianeti,
i miraggi e le inversioni: e limitandosi a classificare come “non identificati”
i residui 663 casi. Ma che significa “non identificati”? E che ipotesi sono
state fatte su un così forte numero di avvistamenti, molti dei quali basati
anche (lo si sa per certo) su immagini fotografiche, sia pure poco nitide? La
mancata identificazione, si dice, non è conseguenza dei “dati insufficienti”
perché sotto questa voce troviamo classificati, negli ultimi 12 anni, ben 1.248
avvistamenti: e dunque si tratta di casi nei quali i dati furono sufficienti,
ma non spiegati. A questi, che son soltanto casi americani, occorre aggiungere
la massa di quelli verificatasi nel resto del mondo, in ben maggior numero: non
pare inverosimile che in questi ultimi vent’anni vi siano stati tre e
quattromila avvistamenti non spiegabili a termini delle nostre normali
conoscenze: troppi per non costituire un mistero che richiede una spiegazione.
Il numero di questi casi
importerebbe ancora poco, se non fosse per la “qualità” di alcuni di essi:
vedremo nelle prossime puntate di questo servizio quale immenso corteo di
trucchi, scherzi, addirittura truffe, si sia messo nella scia dei “dischi
volanti”. E quanta gente, in questi cinque lustri, abbia cercato un’effimera
notorietà, o addirittura una facile fonte di denaro, collocandosi al centro
dell’opinione pubblica più credula. Ma esistono una dozzina di testimonianze,
meglio di fatti, che sembrano costruiti apposta per sbrigliare le fantasie più
pigre.
Il primo, nonostante siano
passati diciannove anni, rimane uno degli indovinelli più sorprendenti della
nostra epoca. Il 7 gennaio 1948, uno smisurato disco (si parlò di 80 metri di diametro)
venne avvistato sulla verticale di Fort Knox, negli Stati Uniti: fu visto da
centinaia di persone, e tra le altre dal comando del locale aeroporto militare.
Un colonnello di questo dette subito ordine di mettersi in caccia della “cosa”
ad una pattuglia di “F51”, comandata dal capitano Thomas Mantell, già in aria.
Gli “F51” si avvicinarono e Mantell cominciò a trasmettere brevi frasi
smozzicate: “La cosa sembra di metallo ed è gigantesca… Adesso comincia a
salire… Va alla mia stessa velocità…”. Ad un certo punto Mantell ordinò ai due
gregari di tenersi indietro e proseguì da solo, sempre trasmettendo: si udirono
altre frasi, come di terrore, poi più nulla. L’apparecchio era esploso, e se ne
trovarono i frammenti su una vastissima area.
Il capitano Mantell. |
Questi fatti sono molto curiosi,
e tantopiù lo diventano in quanto un rapporto ufficiale sulla fine di Mantell
non risulta sia mai stato pubblicato dalla Air Force americana. Non si è
nemmeno in grado di stabilire se le frasi del capitano furono realmente dette o
no. Ma il silenzio delle fonti ufficiali, del resto incomprensibile, è stato
sempre interpretato più come una conferma che come una smentita.
Saltiamo al 1949, esattamente al
20 di agosto. Clyde Tombaugh, notissimo astronomo e passato alla storia come
scopritore di Plutone, sta prendendo il fresco davanti alla sua casa di Las
Cruces, nel Nuovo Messico. All’improvviso, molto alti nel cielo, vede passare
otto rettangoli di luce azzurrina, uno in coda all’altro: forzando la vista, riesce
ad intravedere una specie di enorme fuso, del quale le luci sembrano quasi i
finestrini: “Restai così stupefatto – racconterà poi – che la mia coscienza ne
fu profondamente turbata”. Quella sera nacque quello che i francesi poi
battezzarono “le grande cigare”, “il grande sigaro”, vuoi orizzontale, vuoi
verticale.
Ancora un salto fino al luglio
1952. Questa volta è una catena radar attorno a Washington che “batte” una
nutrita formazione di dischi: si alzano aerei da caccia, di fronte ai quali i
dischi fuggono. Gente a terra li vede, giganteschi nella luce dell’alba. Fu
veramente la “notte dei dischi”, con un considerevole panico nella popolazione,
e nessuna smentita ufficiale. I radar che avevano effettuato la scoperta erano
almeno sette, e nessuno risultò guasto o difettato.
L'avvistamento su Washington del 1952. |
Ma forse il caso più
sconcertante, anche per le sue implicazioni politiche è quello verificatosi nel
luglio 1965, quando un distaccamento scientifico argentino, dislocato
nell’Antartide, vide e fotografò uno straordinario oggetto volante di colore
rapidamente mutevole, che volava ad una decina di chilometri dalla loro base.
Ci fu un comunicato ufficiale del ministero della Marina argentina, che ebbe il
potere di rinfocolare le vecchie polemiche nate attorno a nove fotografie scattate
nel 1957, al largo di Trinidad, da un fotografo imbarcato su un’antiquata
corazzata brasiliana impegnata in lavori scientifici per conto dell’Anno
geofisico internazionale. Si trattava, più o meno dello stesso oggetto: e sulla
autenticità delle foto, subito contestate dal governo brasiliano, si ebbe poi
un comunicato “colpo di scena” che le definiva autentiche. Rimane molto
misterioso tutto il lato politico della questione ed anche la fine delle foto
famose.
Vi sono anche altri fatti, di
altro tipo. Tra il 1950 e il 1955 la serie degli avvistamenti in Europa,
diligentemente schedata dagli appassionati, mise in rilievo un fatto senza
dubbio straordinario. Non esistevano “ondate” che percuotessero l’opinione
pubblica nello stesso istante: ma, al contrario, i “dischi” seguivano una
specie di escalation geografica. Ve ne furono in grandissimo numero in Francia
nel 1950, poi nel 1951 si spostarono in Germania. Nel 1952 vennero visti in
Italia e quindi successivamente in Grecia e Turchia, secondo una specie di rotta
generale che andava da ovest a est e da nord a sud.
Cos’è la ortotenia
Non solo, ma un certo numero di
apparizioni permise di fondare addirittura una nuovissima scienza, la
“ortotenia”. Alcuni scienziati francesi, tra i quali Aimé Michel, notarono che
quando andavano a fissare sulla carta geografica i punti successivi nei quali
erano stati visti quasi contemporaneamente “dischi volanti”, si ottenevano
generalmente linee curve, con un raggio costante. Quando invece si trattava di
rette, esse si incrociavano in alcuni punti, sempre gli stessi, che vennero
subito battezzati “fuochi ortotenici”.
Carte giornaliere delle rotte
sulla Francia vennero subito stese: e l’insieme di esse permise di stabilire
che, se di suggestione collettiva si trattava, essa obbediva a ben strane
leggi.
In Italia ci furono episodi
sorprendenti, legati a questo genere di considerazioni. Nel 1954 apparve un
oggetto luminoso, che seguì una rotta circolare da Brindisi sino a Vienna: fu
visto forse da migliaia di persone, che ovviamente non avevano potuto mettersi
d’accordo prima. Fu facile, dalle ore di avvistamento, dedurre che esso seguiva
la sua rotta con velocità costante attorno ai 2.500 chilometri
l’ora: messa sulla carta la sua traiettoria si rivelò un cerchio perfetto, con
il centro nel nord della Jugoslavia.
Due anni dopo lo stesso corpo, o
uno simile, ricomparve un una rotta inversa, e spostata rispetto alla prima di 200 chilometri . Ma
sempre circolare e sempre con lo stesso cento.
Abbiamo elencato alcune
considerazioni, ed alcuni fatti, tra i più salienti dei questi ultimi
vent’anni. Non sono i soli, ma certo i più importanti. Per contro ve n’è una
sterminata legione completamente destituita di fondamento buona, al più, ad
intorbidare le acque già passabilmente misteriose e sconcertanti: tra gli
elementi di questa seconda categoria stanno in prima linea, senza alcun dubbio,
le fotografie “truccate” che con regolarità la stampa di tutto il mondo
pubblica a riguardo, Ed appartengono alla stessa categoria di falsi i
numerosissimi racconti di “marziani” scoperti, visti e persino catturati qua e
là, generalmente in zone desertiche e sprovviste di testimoni. Non passa giorno
senza che spunti, nel Messico come in Italia, in Australia come nella civile ed
avanzata Inghilterra, qualcuno che narra di esser stato rapito da un “disco”, e
portato a spasso magari fino a Venere: e di aver intrattenuto filosofici
colloqui con i suoi abitatori, sempre saggissimi e potentissimi, preoccupati
del nostro bene e del nostro avvenire. Attorno a queste “partenze per il
fantastico”, si sono create addirittura filosofie e sette a sfondo religioso.
La psicologia è stata costretta a occuparsi dell’argomento, che costituisce
ormai una branca classica della paranoia a vari livelli. Preceduta naturalmente
dalla letteratura, che ha trovato nei “dischi” una dimensione ed una
possibilità nuove.
Così, i “piatti” avvistati da
Kenneth Arnold vent’anni fa sono divenuti ormai parte integrante della nostra
vita, senza che alcuno possa dire nulla di attendibile sulla loro realtà. E’
probabile, però, che il mondo sia alla vigilia di qualcosa di decisivo in
materia, poiché proprio in questo ultimissimo periodo, a parte una
recrudescenza del fenomeno, gli organi ufficiali americani hanno deciso di
sbloccare tutte le informazioni in loro possesso per affidarle, con un cospicuo
stanziamento governativo, ad istituti universitari di ricerca: la misura si
presta a varie interpretazioni. Ma, come vedremo prossimamente tracciando la
storia della posizione ufficiale della scienza e del governo americani in
materia, vi sono sintomi che permetterebbero di dedurre che la decisione sia
legata più ad una risposta positiva, sull’esistenza dei “dischi” che a quella
opposta. Può darsi perciò che il 1967 ci induca a rivedere, in forme che ancora
non conosciamo, la nostra posizione fondamentalmente scettica.
Articolo di F. Bandini, G. Masini e B. Pieggi pubblicato su “La Domenica del Corriere”
anno 69 n. 10 del 5 marzo 1967
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